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Analisi gustativa di Enoteca Kodama, Roma
Junmai ginjo del tutto particolare che fermenta in grandi tini di cedro da 6.500 litri e che viene ottenuto utilizzando due diverse tipologie di riso, il Gohyakumanseki per il kojimai e Chiyonishiki per il kakemai, caratteristica che ne esalta esponenzialmente la complessità.
Appena versato, il colore che vira verso il paglierino rivela subito il contatto con il legno. Nonostante al naso già a circa 10° sfoderi subito un’aromaticità da manuale, dopo una breve permanenza nel calice emerge la sua particolare capacità di declinare il ginjo-ka.
Una prima impressione di latte di cocco e melone bianco lascia presto spazio a profumi balsamici, perfino mentolati, e se resta comunque traccia di frutta si tratta di una nota citrica, fresca e acida.
La parte balsamica si evolve poi fino a integrarsi con l’impressione lattica iniziale, dando vita a una splendida nota di crema di menta.
Il sorso rivela una texture gustativa inedita; è cremoso a tal punto da ricordare la sensazione tattile della gomma arabica o dei mochi, e la ragione di questa tattilità pronunciata è da ricercarsi sicuramente nel contenitore che ne ospita la fermentazione.
Sebbene la cremosità possa far pensare a un sake "pesante", va sottolineato come la freschezza balsamica, la secchezza e la piacevole pungenza quasi pepata ne aiutino incredibilmente la beva.
Man mano che la temperatura sale verso i 16°, emerge un’insospettabile comparto umami. Un prezioso gioco di equilibri tra riso, melone bianco e ciliegia caramellata crea un connubio talmente riuscito da rendere questa temperatura di servizio a nostro parere preferibile a quella iniziale, nonostante una nota alcolica ben presente, che però non disturba affatto.
Un sake che accoglie il bevitore con grande immediatezza ma che, se saputo aspettare, regala una notevole complessità umami.
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